
“Trieste - Piazza del Mondo“ di Ester Scopelliti
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01 Marzo 2025

Sono all’incirca le dieci di mattina e il mercatino del Colibrì, temporaneamente chiuso per risistemazione, è pieno di volontarie e volontari tutti indaffarati a spostare pesanti pacchi di cartone. Io sono più fortunata, mi è capitato infatti un compito più leggero: creare i kit igiene orale, ossia astucci al cui interno devo inserire dentifricio e spazzolini.
Uno ad uno, i pacchi vengono caricati su un furgone parcheggiato di fronte alla nostra sede. Partiranno con noi di lì a poche ore.
Ad onore del vero, questa storia ha inizio qualche mese prima, in un freddo e nebbioso sabato di novembre ad una conferenza sulla rotta balcanica organizzata dall’assessora Alessandra Riccadonna del comune di Mantova.
Gli oratori sono Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi, coniugi e tra i fondatori dell’associazione “Linea d’Ombra” che opera a Trieste.
Raccontano gli orrori e i pericoli della lunghissima tratta (circa 2300 km attraverso Turchia, Grecia, Albania, Macedonia del Nord, Serbia, Croazia, Ungheria, Slovenia) che moltissime persone, provenienti da Afghanistan, Iraq, Iran, Siria e altri paesi, sono costrette a fare ogni anno.
Le diapositive scorrono veloci e crude, si tratta di immagini forti: piedi da trincea, corpi distrutti dal freddo, corpi distrutti dalla fatica, oppure ancora dalle percosse della polizia. Moltissime sono le persone che hanno conosciuto o che hanno perso familiari e amici lungo questo cammino.
Presto, però, sopraggiungono anche la speranza e l’impegno collettivo: la storia di una comunità di persone triestine, e non solo, che ha deciso di non voltarsi dall’altra parte di fronte alle decine, a volte centinaia, di persone migranti in condizioni di bisogno, malattia e fragilità, che riversavano tutti i giorni intorno alla piazza della stazione di Trieste, appena giunti in Italia.
Linea d’Ombra oggi si occupa infatti di prestare cure mediche, fornire indumenti puliti, cibo e solidarietà alle persone che transitano per questa piazza, diventata ormai la “Piazza del Mondo”.
Ero rimasta profondamente colpita da quell’incontro, dalla forza e dalla completa dedizione all’aiutare gli altri con la quale, ogni sera questa signora, Lorena, si accingesse a stare in piazza per ore e medicare piedi, mani e ferite delle persone che necessitavano aiuto. Molte altre persone erano rimaste profondamente colpite, e tra esse una estremamente intraprendente: Veronica, farmacista e presidentessa dell’associazione Colibrì.
(Colibrì ha un mercatino etico permanente i cui ricavi sono destinati all’acquisto di farmaci per paesi in via di sviluppo e non solo).
“Insieme con l’assessora stavamo pensando di recarci a Trieste per portare farmaci e indumenti, ti piacerebbe venire con noi?”.
Così, in men che non si dica, si è creata una rete di persone tutte indaffarate a raccogliere beni da portare alla “Piazza del Mondo”. Scarpe, scarponi, giacche, vestiario, kit igiene, calze, peluches, coperte, zainetti e soprattutto farmaci in parte acquistati e in parti donati da alcuni generosi farmacisti mantovani.
Alle due del pomeriggio il furgone pieno zeppo (c’è anche un panettone) parte per Trieste. In tutto siamo in sette: sono ovviamente presenti Veronica e Alessandra Riccadonna (assessora alle politiche giovanili con delega alla cooperazione internazionale e alla legalità del Comune di Mantova), Corrado Beiato è il nostro mitico e gentile autista, Mariarosa Ferrari cardiologa e referente dell’ associazione Mantova Solidale, Marta Balasso di Rete per il Kurdistan e Giuseppina Nose’ del Tavolo del Bene Comune della Diocesi di Mantova.
Arriviamo a Trieste al tramonto, davanti a noi appare un’ampia distesa di mare azzurro gelido illuminato da un cielo blu, rosa e giallo; il nostro furgone costeggia la costa seguendo la strada per poi immettersi nelle intricate strade della città. Arriviamo puntuali alle 19.00 in piazza della Libertà, posta di fronte alla stazione e detta “Piazza del Mondo”. Trieste è gelida, silenziosa, sembra quasi deserta, tira un vento prepotente (ma è solo una “borina” a detta di un autoctono) e gli alberi si piegano esili. Più tardi nel corso della serata mi chiederò come facciano le persone migranti a sopportare tutto questo freddo ogni giorno, e come riescano, i volontari e Lorena, a stare tutto il tempo solo con i guanti in lattice per medicare prontamente.
In piazza si trovano già varie persone e Lorena arriva con il carrettino verde. Veniamo accolti. Aiuto ad allestire la panchina per medicare le persone, fissiamo la coperta termica e portiamo i farmaci. Si accumulano sempre più persone e iniziamo a dialogare in italiano, inglese, francese. Aiutiamo a distribuire il cibo che è stato cucinato e donato da altri volontari: riso, ceci, verdure. Rimango stupita dalla gentilezza dei ragazzi a cui lo servo, “have you eaten? you should eat this too” mi dicono.
Subito dopo Marta, Veronica, Corrado ed io ci rechiamo insieme nella sede di Rifondazione Comunista dove una stanza è dedicata a magazzino ed è proprio lì che scarichiamo tutto quello che abbiamo portato.
La volontaria di Linea d’Ombra ci racconta di alcuni dettagli dell’associazione: riunioni orizzontali in cui vengono prese le decisioni, il completo affidamento a donazioni di privati e l’impegno praticamente quotidiano di tutti i volontari.
Ci racconta anche della cecità selettiva della città di Trieste, del disinteresse, dell’apatia nei confronti di questo drammatico fenomeno migratorio, delle opposizioni che hanno ricevuto. Disinteresse che non riguarda solo Trieste ma tutta la politica italiana ed europea.
Linea d’Ombra non ha una sede vera e propria e come dicevo utilizza una delle stanze della sede di Rifondazione Comunista come magazzino. L’appartamento è bellissimo, antico e riporta alla mente tempi antichi perduti, non posso fare a meno di immaginarmi Zeno Cosini camminare sopra a quel parquet. Ci organizziamo con una catena di montaggio e finiamo efficientemente di scaricare tutti i pesanti pacchi.
Tornati alla “Piazza del Mondo” ho occasione di parlare più attentamente con le persone che si trovano lì. Sono praticamente tutti ragazzi, molti, moltissimi giovani sulla ventina, la maggioranza di quelli che conosco provengono dall’Afghanistan.
Mi aspettavo di recarmi a Trieste per fare una specie di tirocinio medico, fotografare, prendere appunti e documentarmi nel modo più sistematico e scientifico possibile come sono stata abituata.
Non è stato così: ho quasi subito messo via tutto e iniziato a parlare.
Ali viene dall’Afghanistan, ha ventisette anni e come moltissimi è venuto in Europa per trovare un lavoro buono e mandare i soldi a sua moglie, la quale ha ventidue anni ed è incinta. Non so quando Ali potrà rivederla.
Parlo molto con Ezatullah, ha venti anni, solo un anno in più di me. È timido, risponde solo alle domande che gli vengono poste senza mai allargare il discorso. Parliamo in inglese ma spesso fatico a capire il suo accento quindi si deve ripetere. Ha iniziato il suo viaggio a quindici anni, scappando dalla povertà e diretto verso un futuro migliore (sempre per mandare i soldi a casa), è arrivato in Italia da pochi mesi. Quando gli chiedo qual è il suo sogno sorride e abbassa lo sguardo: aprire un negozio, possibilmente di biciclette, ma appare molto difficile al momento. In quel poco tempo passato insieme ho sentito una grande sensazione di disagio crescere dentro di me, il palesarsi del privilegio di essere nata in occidente.
Forse è per questo che nelle foto che mi ha chiesto di fare insieme non sorrido quasi per niente, provo a nascondere solo un grande imbarazzo.
La Piazza del Mondo è però soprattutto una piazza di gioia, c’è la musica e si balla spensierati (si fa per dire e per qualche minuto) tutti insieme donando leggerezza anche alla vita di queste persone. Tutto il gruppo missione Colibrì si impegna per ballare il meno ridicolmente possibile canzoni italiane vecchie e nuove, canzoni arabe, persiane e molte altre a me sconosciute.
Intorno alla mezzanotte, molto infreddoliti ma pieni di gioia, ci ritiriamo. Gli abbracci sono molti, le proposte di matrimonio qualcuna e le riflessioni che portiamo nel cuore probabilmente molte di più.
Lasciamo Trieste il giorno dopo con un’idea e l’ambizione di continuare a dare il nostro contributo fondando i “Fornelli Resistenti” di Mantova.
I fornelli resistenti sono una rete di volontari di tutto il nord Italia che a turno, seguendo un calendario, si occupano di portare il cibo e cucinare per la Piazza del Mondo.
Stay Tuned. Work in progress.
Ester Scopelliti
Mantova, 18/02/2025
Gazzetta di mantova